Sono in molti ormai a chiedere di fermare non solo il Tour, ma l’intero ciclismo. Oggi viene considerata una richiesta ragionevole da tante parti, eppure in questo Tour non è successo molto di più di quanto sia avvenuto in passato. Vinokourov e Rasmussen sono al massimo all’altezza di quanti li hanno preceduti. Una sentenza della magistratura italiana stabilì che il professor Conconi doveva essere assolto per prescrizione dei reati, ma ne riconobbe la piena colpevolezza. A Conconi e ai suoi collaboratori veniva riconosciuta la responsabilità di aver «falsato Giri, Tour e Olimpiadi». Gli anni di riferimento erano gli Ottanta e i primi Novanta. Quel processo si fermava a episodi avvenuti nel 1995. Dopo, vennero Riis (che ha appena confessato di essersi dopato nel ’96, quando vinse), Ullrich (del quale si sa ormai tutto: fu primo nel ’97), Pantani (sul quale preferiamo non dire nulla: trionfò nel ’98). Nel 1999 nacque la leggenda di Armstrong, che vinse per sette anni consecutivi: è stato dimostrato che era pieno di epo nel 1999, e accuse successive hanno fatto capire a tutti che l’americano è stato uno dei più grandi dopati della storia. Arriviamo così al 2006 e non conosciamo il vincitore: Landis, primo ai Campi Elisi, fu trovato più volte positivo, e lo spagnolo Pereiro – che arrivò secondo – fu salvato dai soliti certificati medici che attestavano le più svariate e inesistenti malattie. Ad oggi, non sappiamo ancora a chi verrà assegnato il Tour: se il prescelto sarà Landis potremo parlare di scandalo, se invece si deciderà per Pereiro basterà parlare di vergogna.
E veniamo al Tour di oggi: davvero è peggiore di quello degli ultimi 25 anni? Ne dubitiamo. Ma se proprio c’è voglia di far qualcosa di importante, allora sarà il caso di cambiare strada, di individuare i colpevoli, di denunciare il rapporto doping-istituzione sportiva-politica. Perché il doping costruisce i campioni, l’istituzione sportiva li aiuta, la classe politica li protegge. Altrimenti non si capirebbe come mai il presidente francese Sarkozy abbia scelto il Tour per fare passarella, e perché il ministro dello sport Lamour (a quanto si dice prossimo capo dell’Agenzia mondiale antidoping) non abbia fatto nulla per impedire la partecipazione al Tour di tutti i corridori coinvolti nella ”Operacion Puerto”. E non si capirebbe perché il presidente degli Stati Uniti, George Bush, abbia scelto Lance Armstrong come proprio ”consigliere” per sapendo tutto di lui. Quanto a noi, non c’è Presidente del Consiglio negli ultimi dieci anni che non si sia fatto vedere nel Salone d’onore del Coni per consegnare il Collare d’Oro a ciclisti coinvolti ufficialmente in questioni di doping (Pantani, Gotti e Basso solo per fare tre nomi).
Non ci sono molti innocenti in questa lugubre storia. I meno colpevoli continuano ad essere gli atleti, i quali pagano sulla loro pelle i veleni che ingoiano. Malattie, depressioni, suicidi: basta leggere le cronache drammatiche degli ultimi anni. La più colpevole in assoluto è l’istituzione sportiva: non ha mai voluto processare il passato, fare piazza pulita. Tornando al professor Conconi, oggi non è più attivo, ma lo sono alla grande molti suoi ex allievi. Da Michele Ferrari (l’uomo di Armstrong e oggi di Vinokourov), Carlo Santuccione (risalito di recente alla ribalta per i casi Gibilisco e Di Luca), Luigi Cecchini (amico fidato di Basso e Petacchi). E gli atleti ”trattati” da Conconi hanno fatto carriera: chi è diventato Ct, chi rappresentante internazionale dei corridori, chi parlamentare.
Fermare il Tour, fermare l’intero ciclismo può essere la soluzione giusta solo se si risolveranno i problemi alla radice. Finché saranno accettati certi medici (soprattutto quelli che rilasciano generosi certificati che permettono il doping libero) non ci sarà speranza. Finche esisterà questa Uci, la Federazione Internazionale, non ci sarà futuro. Finché corridori ex dopati diventeranno direttori sportivi non ci sarà una nuova via per il ciclismo. Finché gli sponsor continueranno ad investire, gli organizzatori delle grandi corse a trarre enormi guadagni, i giornali a nascondere la verità, le reti televisive a seguire con enfasi un Tour che è un inganno, ogni sforzo sarà inutile. Bene hanno fatto le Tv pubbliche tedesche a oscurare il Tour. Non pretendiamo tanto dalla Rai, basterebbe che cambiasse telecronisti.
Sergio Rizzo
Fonte: “Corriere dello Sport” del 27 luglio 2007