ROMA – Oltre nove ore di udienza, presso la VI Sezione Penale del Tribunale di Roma, presidente Luciano Pugliese, per il processo che vede imputate nove persone per aggiotaggio e tentata estorsione (Giorgio Chinaglia, Fabrizio Piscitelli, Bruno Errico, Fabio Di Marziantonio, Giuseppe Bellantonio, Fabrizio Toffolo, Yuri Alviti, Paolo Arcivieri e Guido Carlo Di Cosimo) ai danni di Claudio Lotito, attuale presidente della Lazio. E’ stata ascoltata la signora Cristina Mezzaroma, moglie di Lotito, e lo stesso presidente ha iniziato la sua deposizione che terminerà nell’udienza del 3 luglio. I due hanno confermato le minacce subite soprattutto da quattro appartenenti al gruppo Irriducibili, nonostante qualche incongruenza riguardo ad alcune telefonate che sarebbero partite dall’utenza privata di casa Lotito.
DIABOLIK – Lotito ha raccontato come rilevò la Lazio, « era messa peggio di Alitalia », e dei suoi primi contatti con Toffolo e altri Irriducibili: « Uno si presentò come Diabolik, io gli risposi “ sono l’ispettore Ginko”…I contrasti sono iniziati quando ho smesso la pratica dei biglietti gratuiti, oltre 800, che poi rivendevano…Ho ricevuto messaggi di minacce, “ti tagliamo la gola”, per costringermi a vendere la società». Lotito avrebbe dovuto cedere alla cordata rappresentata da Giorgio Chinaglia: « Mi telefonò anche Di Marziantonio intimandomi di vendere per 18 milioni di euro. Cosa gli ho risposto? Che non avrei mai venduto la società…».
SCORTA – Lotito scelse di mettere sotto scorta la sua famiglia dopo alcune telefonate di minacce giunte nel 2005. Nello stesso periodo, ha dichiarato il presidente biancoceleste, si verificarono alcuni episodi: « Vennero a scaricarmi davanti casa un carro di letame…Allo stadio ero insultato e c’erano continuamente striscioni contro di me, ragioni per le quali ho smesso di portare mio figlio allo stadio ». Lotito ha anche raccontato un episodio in cui Toffolo (identificato successivamente), a bordo di uno scooter, aveva inseguito la sua auto per insultarlo.
«MAGARI VENDESSE!» – La signora Mezzaroma ha raccontato la sua vita prigioniera delle minacce da quando il marito ha acquistato la Lazio, nel 2004. « Mi decisi a denunciare la cosa dopo una telefonata, agosto 2005, in cui una voce senza inflessioni dialettali mi rammentava il massacro del Circeo, alludendo a mio marito e mio figlio…La Lazio è diventata come un cancro entrato in casa…Quando mio marito mi confermò che riceveva minacce per vendere la società gli ho risposto “magari vendessi!” ».
TELEFONATE – Il processo riprenderà il prossimo 3 luglio, quando Lotito – cui la signora Elisabetta Cortani, presidente Lazio calcio femminile, ha attribuito una fidejussione mai garantita per salvare la sua sezione – sarà controesaminato dalla difesa. Si dovrà fare anche luce su tre chiamate, ricevute dalla signora Mezzaroma, « in cui nessuno parlava all’altro capo del telefono ». Dai tabulati risulterebbe che le chiamate sarebbero partite dall’utenza privata di casa Lotito. E ci sarebbero incongruenze anche su un bigliettino contenente minacce, ritrovato sullo zerbino dell’appartamento dei Lotito. All’epoca il palazzo era già controllato dai vigilantes e, a detta della stessa Mezzaroma, nessuno conosceva l’interno di famiglia: fattori che accrediterebbero l’ipotesi secondo la quale difficilmente un estreneo poteva entrare in quel palazzo passando inosservato.
a. fan., dal Corriere dello Sport, 13 giugno 2008