LE CONFESSIONI DI UN TIFOSO: QUEL MONDIALE COSI’ LONTANO

Un amico carissimo, professionista affermato, innamorato del calcio (e della Roma) da quattro giorni ha modificato la sua agenda. Accumula di mattina gli impegni e gli appuntamenti di lavoro, una colazione veloce e poi null’altro. Si mette davanti alla tv e segue tutte, ma proprio tutte, le partite dei mondiali, compreso lo zapping fino a notte tra una rete e l’altra per approfondimenti, interviste e sintesi delle gare. “Ma com’è possibile – mi ha rimproverato – che uno come te, amante del pallone da una vita, non si appassioni, veda le partite distrattamente, ne parli poco e non faccia nemmeno il tifo per la Nazionale?”. Ho fatto un sorrisino, lui mi ha fissato, poi il commento lapidario: “Ho capito…Sei proprio della Lazio!”.
Quell’amico non si sbaglia. Mai un mondiale aveva suscitato in me così poco interesse. Lo confesso e me ne sento colpevole. Se faccio un po’ di autoanalisi, elenco le ragioni di questa passione affievolita. E’ colpa, soprattutto dello scandalo che ha investito il calcio italiano. Di calciatori poco degni (anche in termini etnici) di vestire la maglia azzurra. Di una voglia matta di esorcismo che cancelli in un attimo brutture e marciume accumulati negli ultimi anni. Di un tentativo maldestro di far leva sull’entusiasmo dei tifosi perchè dimentichino in fretta, pronti a fare caroselli a suon di clacson e di tricolori al vento.
Arrigo Sacchi, proprio ieri, l’ha detto senza mezzi termini: “Sarebbe ingiusto lavarci la coscienza con la Nazionale”. In realtà, quel che serve è un calcio italiano tutto nuovo, non basta passarlo in lavatrice o sperare nell’indulgenza plenaria sulla scia di un eventuale trionfo italiano in Germania. Sono proprio coloro che più amano il calcio a pensarla così. Sono coloro che, in queste giornate di calcio mondiale ad alta definizione, non hanno smesso di occuparsi (e di preoccuparsi) degli interrogatori in corso presso la Federcalcio o delle inchieste della giustizia ordinaria. Sono coloro che, ogni mattina, cominciano la lettura dei quotidiani dalle pagine dedicate al lavoro dell’ufficio indagine, piuttosto che dagli articoli su Cannavaro o Buffon…
Poi, c’è la difficilissima partita che sta impegnando il presidente della Lazio. E c’è l’incertezza sulla efficacia della linea difensiva adottata, che risulta contrapposta frontalmente alle tesi accusatorie contentute nel rapporto predisposto dai Carabinieri e – si teme – considerate credibili anche dall’ufficio indagini della Federcalcio. E’ davvero la partita più difficile, perchè una ipotetica condanna della Lazio (retrocessione o forte penalizzazione) farebbe precipitare la società biancoceleste in quel baratro dal quale con tanta fatica riuscì a salvarsi meno di due anni fa. Sarebbe come allora, anzi peggio di allora, perchè stavolta la spaccatura tra tifosi e vertice societario avrebbe conseguenze devastanti anche sul futuro della squadra, che si ritroverebbe in un tunnel senza aria, nè luce, nè bussola.
Alla fine di questa settimana ne sapremo qualcosa di più, quando si conosceranno le conclusioni del dottor Borrelli e dei suoi collaboratori. Per la Lazio, quel giorno, sarà di festa grande. O segnerà l’inizio di un calvario, fatto di deferimenti, processi e paure. Ma come si fa a non pensarci? Ma come si fa a guardare per otto ore al giorno i mondiali di calcio senza paventare come in un incubo – tra qualche mese – un derby Lazio-Frosinone in serie B? Io non ce la faccio, a far finta di niente. Ha ragione quel mio amico: sono proprio della Lazio…

di Mauro Mazza dal Corriere dello Sport del 13 giugno 2006

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