Leggere il “parto organizzativo”della Lazio Calcio richiede un grande controllo dei propri nervi che non debbono cedere né ad isterismi ridanciani né a stati depressivi .
Ciò che rappresenta un aggiornamento dell’organizzazione esistente al 30 6.2003( !!!) si presta ad una duplice considerazione .
La prima: l’organigramma societario non rispetta minimali comportamenti di governance di una SpA ed umilia ancora una volta i piccoli azionisti, già espropriati, come noto, di qualsiasi diritto ad esprimere il proprio parere sulle scelte strategiche aziendali, destinati ad osservare quotidianamente l’erosione del valore del loro investimento, ad oggi ridotto del 65% circa.
A questa platea, una minoranza azionaria (non dobbiamo dimenticarlo: circa il 30% del capitale all’epoca esistente), nelle Assemblee degli Azionisti di ottobre e novembre 2004, irridendo l’astensione o il voto contrario di alcuni piccoli azionisti, ha imposto un sistema societario (c.d. dualistico) che relega una SpA , per di più quotata, sostanzialmente nel limbo delle ditte individuali.
Infatti il Consiglio di Gestione ed il Consiglio di Sorveglianza sono risultati espressione di uno stesso soggetto nella cui persona sono venute a confluire, oggi formalmente, le figure di socio di riferimento, ancorché indiretto, vista la composizione azionaria di Lazio Events srl, di responsabile della gestione (Presidente del Consiglio di gestione formato da due membri ), di responsabile di aree funzionali /operative quali la Direzione Relazioni Esterne e Comunicazione, la Direzione Area Commerciale e Marketing.
Al di là di considerazioni di “decenza” organizzativa, può osservarsi come la mancata segregazione funzionale di attività operative e di vertice gestionale, comporta sia una sostanziale delegittimazione degli addetti alle aree, sia una concentrazione di responsabilità estremamente pericolosa .
A questo proposito non può non richiamarsi alla memoria che per una società quotata, i cui vertici in sede assembleare hanno assicurato l’adozione del Codice Preda, la comunicazione riveste un’importanza strategica, nel rispetto di una regola il cui impatto sul mercato mobiliare è rilevante .
Infatti il punto 10.12 del richiamato Codice impegna il Presidente di ogni società quotata ad “… adoperarsi attivamente per instaurare un dialogo con gli azionisti, nonché con gli altri investitori istituzionali, fondato sulla comprensione dei reciproci ruoli” dedicando all’assolvimento di tale impegno “..una struttura … dotata di adeguati mezzi e professionalità.”
Questa è la norma: ognuno ne può valutare la reale applicazione alla società di cui è azionista.
La seconda interpretazione presenta risvolti sfumati e meno materiali, ma con un impatto emotivo ancor più pesante.
L’atteggiamento del “socio (ancorché indiretto)/responsabile della gestione/ responsabile di Direzioni “ ha portato a relegare in secondo piano l’immagine della società e della squadra, oltrechè della sua componente principale la tifoseria, mai come ora emotivamente disgregata, ed alla quale non può essere sottratta la dignità di amare i colori e di essere orgoglioso della storia della propria squadra.
Questa dignità non può essere mortificata, né tantomeno irretita attraverso la carta stampata e la televisione. L’articolo apparso sulla Gazzetta dello Sport del 13 corrente non è altro che la materializzazione di una parodia societaria ormai diventata occasione di divertimento popolare.
E’ stato detto che “tutto si può comprare tranne la dignità che si può solo vendere“: non sarà per caso che anche questa per l’attuale gestione costituisce occasione di introiti finanziari per il risanamento della società ????
Alfredo Parisi